giovedì 31 ottobre 2013

Occhio alla faccia

Continua l'incursione di Popcorn nel Paese della samba grazie ad un nuovo progetto: Face.
Dopo la realizzazione della linea Soled della quale vi avevo parlato qui, cambiamo genere e passiamo all'industria degli occhiali.
Face è un nuovo brand che uscirà in Brasile per la Fashion e noi ci siamo occupati della progettazione del logo.

Questa volta abbiamo lavorato a distanza sorvolando l'oceano grazie a Skype e alle e-mail, quindi abbiamo dovuto realizzare qualche bozza in più del solito per riuscire ad indovinare la direzione giusta.

All'inizio si era partiti addirittura con un altro nome: Folia.


Ma poi si è optato per Face, appunto, e per una soluzione più semplice, basata su una font leggibile e un po' frivola.


Tra le varie proposte il cliente ha scelto questa.


Ecco la prima stesura delle linee guida.









Mi è un po' dispiaciuto aver abbandonato questa idea qui sotto che trovavo equilibrata e dinamica.


Il problema principale è che la "F" iniziale doveva poter essere usata da sola come marchio e questa era troppo aperta e grande.

sabato 19 ottobre 2013

Lo conosci? Luigi Serafini


Alle volte ti trovi di fronte a delle cose che non capisci.

Magari riesci a identificare alcune caratteristiche come colore, materiale, dimensioni ma ti sfugge il nesso che le unisce.
Vedi ad esempio un'immagine e sai che è un'illustrazione. La guardi più attentamente e definisci la tecnica usata per realizzarla. Ti soffermi ancora un attimo e sai che gli oggetti rappresentati esistono, li hai già visti ma non insieme. Non con quello schema.
Il tuo cervello lavora, le sinapsi si arroventano nel tentativo di trovare i collegamenti giusti per inquadrare la situazione ma niente da fare.
Ti senti a disagio.
Percepisci una strana sensazione alla base del cranio.
Perdi l'equilibrio.

Ecco, è questo quello che mi è successo quando ho visto per la prima volta le tavole raccolte nel "Codex Seraphinianus" di Luigi Serafini.







Il Codex Seraphinianus è un maestoso volume di 360 pagine uscito nel 1981. Una sorta di enciclopedia del nonsense composta da più di mille illustrazioni e scritta in una lingua immaginaria e non traducibile.











Serafini compone quest'opera alla fine degli anni settanta dopo aver girato Stati Uniti e Africa equatoriale. un viaggio che deve avergli in qualche modo "aperto la mente".

Una volta tornato in patria inizia la sua carriera di architetto e nel corso degli anni si è dedicato ad esplorare l'arte sotto varie forme: pittura, scultura, scrittura, design, grafica. Non disdegna nemmeno il cinema, il teatro e la televisione collaborando con Fellini, RAI, Enzo Biagi, Il Piccolo Teatro di Milano.

Se volete, potete regalarmi un Codex che starebbe benissimo nella mia libreria. Sappiate, però, che per un'edizione integrale usata bisogna essere pronti a sborsare tra i 600 e 2.500 euri!

venerdì 11 ottobre 2013

Un altro soffitto sconosciuto



Sapete cosa vuol dire la parola "otaku"?
È un termine giapponese che oggi viene comunemente usato per indicare una persona appassionata in modo ossessivo di manga, anime e prodotti di merchandising collegati a questo mondo.
La traduzione più o meno letterale suonerebbe come "la sua casa" e deriva dall'unione della preposizione o e dal sostantivo taku che vuol dire casa (come sempre, grazie Wikipedia!).

Una tipica camera di otaku

Dagli anni settanta la parola Otaku si riferisce, in modo più generale, ad una subcultura pop e in Giappone assume un significato negativo riferendosi a un soggetto monomaniaco e socialmente isolato.
Il fenomeno è preoccupante perché spesso questa solitudine e il senso di inadeguatezza sfociano in depressione ovvero una delle cause principali di suicidio in Giappone. Se considerate poi che il Paese del Sol Levante ha un tasso di suicidi molto elevato (si parla di una media di 30.000 persone all'anno) la questione diventa molto critica.


Ma perché vi parlo di Otaku?

Perché il signor Hideaki Anno si è preso a cuore questo problema e ha voluto usare un mezzo molto efficace per cercare di aiutare queste persone a socializzare, a uscire di casa, a tornare a interagire e comunicare con il prossimo: una serie animata.

Parliamo di Neon Genesis Evangelion di cui il signor Anno è sceneggiatore, curatore del mecha design e regista.

Neon Genesis Evangelion

In questo post non voglio fare un riassunto della serie (anche perché non ho capito proprio cosa succede di preciso!) ma dare lo spunto per due chiavi di lettura.
La prima è "Oh capperi, che spettacolo per gli occhi, non capisco niente di quello che sta succedendo ma non ho mai visto nulla di simile prima!".
La seconda, invece, si ricollega al buon Anno, alla voglia di sperimentare utilizzando un mezzo come quello ludico/televisivo per aiutare il prossimo, alla psicologia dei personaggi.







La serie esce nel 1995 ed è composta da 26 episodi che si susseguono a doppia velocità: quelli ricchi di azione iper veloci e serratissimi e quelli spalmati di dialoghi filosofeggianti e monologhi introspettivi con lunghe riprese fisse e fondali quasi statici e ricchi di dettagli.
La qualità è sorprendente per un prodotto seriale e il successo è arrivato in maniera prorompente anche se le critiche sono state disparate. A causa di un finale definito da alcuni fan troppo introspettivo e deludente, si è deciso di realizzare un film che raccogliesse tutta la serie rivista e corretta e con finale diverso. Per Anno è stato un colpo al cuore perché il suo intento non era stato capito e gran parte del pubblico voleva solo scontri fra robottoni ed eroine superdotate!



Sono andato a vedere a Trieste la maratona Evangelion con il mio amico Paolone dove venivano proiettati i primi due film derivati dalla serie ed è stato un vero spettacolo. Il 25 settembre sono tornato in sala con Laura per vedere il terzo episodio e ne siamo usciti entusiasti. 

L'animazione si è arricchita di particolari 3D che si integrano perfettamente e la sceneggiatura è ben costruita e ritmata lasciando sempre (e ancor più) spazio a disquisizioni sull'uso della tecnologia, sul rapporto uomo/macchina e uomo/uomo e sulle conseguenze delle nostre azioni.

È una serie che consiglio vivamente anche a chi non piace molto il genere.
Se non altro perché è una pietra miliare dell'animazione ed è la capostipite di un nuovo modo di fare anime.

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P.S.
"Un altro soffitto sconosciuto"
(Shinji - Neon Genesis Evangelion)
È una scena topica della serie. Shinji è il protagonista maschile che sale a bordo dell'EVA 01 e che finisce in ospedale per le ferite riportate negli scontri. Dopo scene di azione sfrenata si passa a una priva di movimento. Immagine fissa di un soffitto anonimo, leggeri rumori di fondo, Shinji che cerca di mettere insieme i pezzi nella sua testa.

domenica 6 ottobre 2013

TOP 5 - Le migliori serie di fantascienza (secondo Popcorn)

Ecco una nuova rubrica. Si discosta un po' dalle tematiche che trattiamo di solito ma abbiamo pensato che nel fine settimana è giusto svagarsi e non pensare sempre al lavoro!

E allora ecco che da oggi anche Popcorn potrà vantare una sua rubrica "CLASSIFICA DELLA SETTIMANA".

Visto che in questo periodo ci stiamo facendo una scorpacciata dei film di Star Trek e che ho da poco partecipato ad una maratona "Star Wars" con la visione di tutta la prima trilogia (dalle 21,00 alle 4,30 del mattino), direi di cominciare con la TOP 5 delle migliori serie di fantascienza.

Mi limito alla fantascienza con astronavi e alieni e alle serie con attori in carne e ossa. Le serie animate sono milioni e se allarghiamo lo spettro alla fantascienza tipo "Fringe" o "X-Files" non ne verremmo più fuori!
Logicamente il giudizio è soggettivo e non ho visto tutte le serie della storia della tv quindi prendetela per quel che è: un passatempo frivolo e per nulla pretenzioso. 

TOP 5 - LE MIGLIORI SERIE DI FANTASCIENZA (secondo Popcorn)

5) VISITORS (1984-1985)


Sono stati realizzati solo 19 episodi ma sono bastati per entrare nella storia. All'epoca della messa in onda italiana avevo 10 anni e la scena di Diana che si ingoia un topo (di profilo) è per me identificativa di tutta la serie. Astronavi, alieni rettiliformi, la ribellione. Un'invasione subdola che si nascondeva dietro a un bel sorriso e alla promessa di amicizia cosmica. Non ho ancora capito perché non ha funzionato e, a quanto mi risulta, non ha avuto successo nemmeno il remake del 2009 "V".




4) SPAZIO: 1999 (1975-1977)


Mi ha sempre affascinato e al tempo stesso mi metteva paura. Non l'ho più rivista dopo l'adolescenza e quindi il mio giudizio si basa molto sul fattore nostalgico.
Non si basa sui sentimenti, invece, il giudizio sulla validità della serie (soprattutto i primi 24 episodi realizzati in collaborazione con la RAI): ottimi i modellini in scala dei veicoli spaziali, molto curati gli interni e gli effetti speciali.
Atmosfere un po' psichedeliche anni '70 e il tema del viaggio che apre a riflessioni filosofiche sul senso della vita, sulla conoscenza e sul concetto di multirazziale, avvicinano "Space: 1999" a "Star Trek".



3) STAR TREK (1966-2005) Sei serie ognuna delle quali formata da varie stagioni


L'universo di Star Trek è sconfinato. Centinaia di puntate e 12 film (10 nella continuità classica e 2 nella rivisitazione di Abrams) hanno dato la possibilità di trattare tutte le tematiche possibili. Al centro di tutto, però, c'è sempre l'esplorazione del cosmo che diventa metafora di un viaggio interiore per scoprire tutte le sfaccettature dell'animo umano. Per questa serie ci sono diverse chiavi di lettura e quella che sto usando ora, da adulto più attento alle tematiche sociali, mi piace molto. Mi piace che non ci sia violenza fine a se stessa. Che si cerchi sempre il dialogo (perfino con i Klingon!) e che sia la sete di conoscenza e la voglia di arricchire l'animo e non le tasche a spingere questi esseri (umani e alieni) "alla ricerca di nuove forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessuno è mai giunto prima".



2) BATTLESTAR GALACTICA (2004-2009)


Quand'ero piccolo "Galactica" era una delle mie serie preferite. Con l'uscita di questo remake ho approfittato per rivederla e l'ho trovata un po' ingenua, alle volte lenta e con situazioni troppo "improbabili".
Questa "Battlestar Galactica", invece, è decisamente più matura. Moderna, credibile, di grande impatto e con personaggi ben costruiti. Le figure femminili la fanno da padrona con caratteri forti e risolutivi.
Molto azzeccata l'idea di utilizzare uno stile di ripresa da documentario che aumenta il coinvolgimento dello spettatore.



1) FIREFLY (2002-2003)


Ma a chi è venuta in mente l'idea di unire due filoni così distanti ma in realtà così simili come quello della fantascienza e del western? Un genio!  In effetti l'andare in giro per lo spazio alla ricerca di pianeti abitabili è simile allo scorrazzare (o scarrozzare) nella grande prateria.
Ero già impazzito vedendo "Cowboy Bebop" e ancora prima con il terzo episodio di "Ritorno al futuro". Ma forse tutto è scaturito da quel bellissimo "Westworld" tradotto in Italia con "Il mondo dei robot" dove in un futuro prossimo viene aperto un parco a tema con varie ambientazioni tra le quali, appunto, quella western e popolato da androidi.


Prima di venire assalito da una valanga di critiche per aver messo sul podio quella che è poco più di un episodio pilota, vorrei dire che sono conscio del fatto che non siamo logicamente a livelli di Star Trek o di altre produzioni. Comunque sia, Firefly merita il primo posto nella mia personale classifica grazie alla caratterizzazione dei personaggi, alle situazioni frivole e spensierate, al mix western/spazio, al suono inconfondibile della slide guitar e forse al fattore "scomparsa prematura". In effetti la serie è composta da soli 15 episodi seguiti dal lungometraggio "Serenity" che è il nome della nave spaziale. Chi si offre di richiamare Castle e la moglie del sergente Brody per riprendere la serie?


È aperto il dibattito.
Sono ben accette richieste per le future TOP 5.